Distampaggio, pastorizzazione, maturazione
Le operazioni di distampaggio, dunque di estrazione dei prodotti dagli stampi, quali che siano, sono diverse in presenza di essudato raccolto in tasche/parti della confezione. A distampaggio avvenuto si può procedere con modalità diverse, ovvero semplicemente forare le parti con l’essudato, in modo da disperdere il liquido/gelatina e mettere in comunicazione il prodotto con l’ambiente; questo approccio tecnologico minimizza la espulsione/formazione di gas che si forma nel processo di cottura, mettendo in contatto il prodotto con l’atmosfera per un tempo sufficientemente lungo. E’ intuibile come questo procedimento incrementi il rischio di inquinamento del prodotto, che non verrà pastorizzato, con probabile riduzione della shelf life. Un’altra modalità, impiegabile con il prodotto termoformato, prevede la separazione delle tasche con essudato e la termosaldatura della parte contenente il prodotto, senza metterla a contatto con l’atmosfera. I vantaggi di questo procedimento, dato ma non concesso che risulti adeguatamente affidabile, sono la raccolta dell’essudato, liquido ricco di proteine vendibile per cosmesi e per alimentazione principalmente animale, e il fatto di poter procedere alla maturazione del prodotto. Alternativi a questi procedimenti sono la rimozione completa dell’imballaggio di cottura, la tolettatura del prodotto, con rimozione di parti gelatinose eventualmente distribuite sul prodotto, il riconfezionamento e un trattamento di pastorizzazione; è un processo estremamente garantista per la qualità del prodotto, ma inevitabilmente oneroso. La maturazione del prodotto, ovvero il suo mantenimento, comunque sotto vuoto, per periodo più o meno lunghi ad una temperatura di -1° – 0° C, ha lo scopo di migliorare l’uniformazione di umidità, colore, aromatizzazione, oltre a conferire al prodotto una ulteriore compattezza che si tradurrà in migliori performances in fase di affettato. Una maturazione lunga (si arriva anche a 2 mesi) richiede spazi e immobilizzazione di capitali, a fronte di un prodotto e di una produzione più omogenei e di una più elevata gommosità che si traduce in maggiore velocità di taglio.
Modalità di affettatura
Il rendimento di affettatura è legato alla produttività della linea in assenza, o in condizione di minimizzazione, degli scarti. Dato il costo di acquisto e di gestione degli impianti per affettato è obiettivo comune massimizzarne la produttività, da cui l’esigenza di disporre di prodotti più lunghi e adeguatamente compatti. Normalmente la temperatura di preparazione dei prodotti cotti per l’affettatura non deve scendere al di sotto dei -5°C, pena l’infragilimento delle fasce muscolari con loro conseguente sbriciolamento durante il taglio. L’obbiettivo è di poter ottenere una produttività che tenda alle 600 fette/ora, velocità che è ottenibile, a pari sezione, quanto più il prodotto è gommoso. Una elevata “gommosità” permette inoltre di contenere lo spessore della fetta, in Italia compresa tra 0,7 ed 1 mm, dipendentemente per l’appunto dalla qualità del prodotto; una maggior compattezza consente di poter usare spessori inferiori, il cui limite è dato dalla inevitabile adesione delle fette, che si oppone alla resistenza meccanica, inferiore, del caso di fette sottili. Altro aspetto importante è l’omogeneità della “gommosità” lungo la barra da affettare, risultato ottenibile utilizzando stampi che permettano di massimizzare l’uniforme distribuzione della pressione e di minimizzare, allo stesso scopo, le proprie deformazioni strutturali.
In sintesi, partendo dal presupposto di aver ottimizzato le fasi di siringatura, intenerimento, zangolatura e cottura, è opportuno intervenire su:
• modalità di stampaggio
• disponibilità di uno stampo che possa seguire la riduzione di volume del prodotto
• disponibilità di uno stampo sufficientemente rigido da assicurare l’uniforme pressione di contatto tra le fasce muscolari
• prolungata maturazione del prodotto.